“volo et instituto”: a journey through the dispositions in northern italian wills Èl’XI secolo l’epoca in cui, in effetti, lechartae ordinationis/iudicati otestamenta, specie in Lombardia e nell’Emilia settentrionale, si fissarono stabilmente con alcune variazioni rispetto al passato. Si rinunciò in modo definitivo alla forma epistolare lasciando così spazio al nome del testatore che, da solo, precedeva la clausola presens presentibus dixi. L’arenga, sempre presente come in passato, si presentava ormai come una vera e propria arenga di stile31 a caratterizzare cioè la tipologia documentaria secondo due o tre dettati, prevalenti a seconda delle regioni geografiche, che ora evocavano la sollecitazione dell’Onnipotente verso la salvezza;32 ora invitavano a vivere nel timore della morte per non trovarsi impreparati quando sarebbe stato il momento;33 ora, infine, ricordavano il rapporto esistente tra opere meritorie e salvezza dell’anima.34 Poi l’elenco delle disposizioni, più o meno lungo a seconda della consistenza del patrimonio e scandito dai verbi caratteristici variamente associati tra loro, sui quali è inutile tornare se non per segnalare la tendenza dei notai di area milanese a prediligere l’abbinamentovolo et iudico35 – forse perché di sapore più specificatamente romano? –, mentre occasionale e non altrimenti attestato è quello di doet lego,36 anch’esso direttamente derivato dai legati o dai codicilli di età classica e che si alternava ai più consueti verbi 31 La definizione di arenga di stile è proposta in Nicolaj 2007, p. 135. 32 «Dominus omnipotens ac redemptor noster anima quam Christus condidit ad studium semper invitat»: l’arenga è tratta dallacartula iudicati del 1018 edita in Falconi 1979, n. 130, pp. 344–345. 33 «Vita et mors in manu Dei est. Melius est enim omnis metu mortis vivere quam spe vivendi morte subitanea perveniri», come si legge nella cartula iudicati et ordinationis pubblicata in Leoni 2007, n. 1 (consultato il 10 febbraio 2024). 34 «Quisquis in sanctis ac venerabilibus locis et suis aliquit contulerit rebus iusta actoris vocem in oc seculo centuplum atcipiet et insuper, quod melius est, vitam possidebit eternam», come nel documento del 1047 edito in Drei 1928, n. LXXIV, pp. 165–167. Una panoramica delle diverse tipologie è anche in Vismara 1965, p. 17. 35 Una tendenza che si sarebbe imposta come regola nel successivoXII secolo; considerati i numeri complessivi dei pezzi, per questioni di brevità, qui si preferisce far riferimento in generale a quanto pubblicato in Ansani 1992, Falconi 1979 e poi in Baroni 1989, Baroni 1993, Zagni 1986, e così via. 36 Do e lascio (per testamento). 190 La definizione dell’XI secolo
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