“volo et instituto”: a journey through the dispositions in northern italian wills genti. Si veniva profilando insomma un atto giuridico nuovo per riferirsi ad una manifestazione unilaterale di volontà priva di istituzione d’erede, definitoordinatio21 maancheiudicatume come tale evocato più volte dalla norma senza che ne desse una definizione esplicita.22 Il compito di fissarne i caratteri essenziali venne lasciato nei fatti alla prassi, che si dimostrò ben consapevole di dover documentare un atto che non poteva raggiungere le vette del testamento romano e che era affine alla donazione anche se diverso da essa: non stupisce dunque che si restasse fedeli al modello documentario della donazione, per l’appunto, e ci si limitasse a sostituire semplicemente i tipici verbi dispositivi dono, do, offero23 convolo, volo et statuo, volo et statuo seu iudico, volo et iudico24 e così via. Come avveniva altrove, i notai di Milano adottarono allora quella struttura ben nota in tutta l’Italia settentrionale composta da unincipit di forma epistolare – in cui il destinatario è l’erede e l’autore quello che oggi definiremmo testatore –, seguito da un’arenga di contenuto pio a sua volta introdotta dalla formulapresens presentibus dixi, un altro ben noto esito di motivi derivati dalla norma e dalla prassi romane combinate con le tradizioni giuridiche longobarde.25 C’era poi il testo, fondato tutto sulla unilaterale volontà dell’autore espressa attraversovolo et statuoovoloet iudico e chiuso da una clausola che sembra richiamare la revocabilità del testamento romano,26 solo alla fine del secolo sostituita da quella di irrevocabilità, tipica della donazione altomedievale.27 21 Ordinare (un’ultima volontà). 22 Per iudicatum/iudicare, v. Roth. 225, Liutp. 19 e 101, Ahist. 14; per ordinare, v. Ahist. 12. 23 Dono, do, offro. 24 Voglio, voglio e stabilisco, voglio e stabilisco e decido, voglio e decido. 25 Secondo Nicolaj 1996, p. 66, le parolepresens presentibus dixi (io da presente, davanti ai presenti, ho dichiarato) sono da interpretarsi come sviluppo di una formula di salutatiodi una donazione prodotta a Ravenna nel VIIsecolo, reso possibile dal rilievo che le «esigenze di pubblicità», dominanti nel mondo tardoantico, assumevano nel trasferimento dei beni anche nella società altomedievale e longobarda. La formula veniva altresì pronunziata al momento della richiesta di insinuatio apud acta prevista sin dal IVsecolo per le donazioni di cospicua entità (cfr. Mantegna 2009a, p. 58). 26 A titolo esemplificativo, v. Modesti 2015, n. 26, pp. 103–105 (a. 839): «Nam dum ego Teutpald vixero omnia in mea reservo potestatem faciendum et iudicandum comodo aut qualiter voluero»(Finché vivrò, io Teutpald, mi riservo la facoltà di fare e di decidere come vorrò). 188
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