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“volo et instituto”: a journey through the dispositions in northern italian wills In questo contesto, fu naturale che si registrasse una reazione ai cambiamenti in atto anche da parte della prassi che, in un primo tempo, escogitò soluzioni di compromesso di cui costituisce un esempio significativo il famosissimo testamentumdi Abbone,11 abate fondatore del monastero della Novalesa, che nel 739 si apriva proprio con la classica istituzione d’erede del testamento romano –heres michi es tu12 – seguita da una serie di istruzioni in cui si potrebbero riconoscere tante donazioni post obitum introdotte dai verbi volo et iubeo.13 In seguito, solo qualche anno dopo, venne prodotto quello che si può considerare il primo documento con disposizioni di ultime volontà romano-longobardo, con il quale nel 745 il vir magnificus Rotpertus di Agrate (Monza) disponeva dei propri beni per la salvezza dell’anima e dopo la propria morte.14 Erauna dispositione iudicati, con definizione innovativa per l’epoca, che non presentava più l’istituzione d’erede in apertura e vedeva le tante ultime volontà di Rotperto disseminate in un testo non del tutto estraneo alla tradizione classica, di cui continuava ad essere debitore. Lo dimostra la scelta del rogatario di definire l’atto e il documento ricorrendo al termine iudicatum15 che condivide la radice linguistica di iudicium, a sua volta utilizzato quale sinonimo di testamentumnelle fonti letterarie e giuridiche sin dai primi secoli dell’èra cristiana;16 ma lo dimostra anche la scelta del verbo dispositivovolo, vero filo conduttore mai interrotto tra tarda antichità e medioevo, ricorrente nei legati e dallo spiccato tenore imperativo e unilaterale, a richiamare la centralità della voluntas del testatore dell’ultima età romana. 11 Si veda Cipolla 1898, n. II, pp. 13–38. 12 Il mio erede sei tu. 13 Voglio ed esigo. 14 È edito in Schiaparelli 1929, n. 82, pp. 238–244. 15 Decisione legale (in traduzione letterale). 16 Si veda Vismara 1965, pp. 91–95, che a questo proposito ricorda, da un lato, le opere di Valerio Massimo, Plinio, Svetonio, Seneca e Quintiliano e, dall’altro, il Codice e il Digesto di Giustiniano. 186 Il laboratorio della prassi (VIII–Xsecolo)

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